Sabina Spielrein

Sabina_Spielrein (1)Sabina Spielrein (1885, 1942) fu una psicoanalista Russa, allieva di Carl Gustav Jung, nonché sua ex paziente. Fu sul punto di essere quasi dimenticata dalla storia della psicoanalisi. Dobbiamo molto al nostro Aldo Carotenuto, che nel 1980 scrisse Diario di una segreta simmetria. Sabina Spielrein tra Freud e Jung, se oggi è riconosciuto un giusto tributo al suo lavoro.

Da giovane, Sabina fu ricoverata per una grave forma di isteria, nell’ospedale di Burghölzli, nei pressi di Zurigo, dove lavorava C.G. Jung, il quale riuscì a guarirla applicando l’allora sperimentale metodo delle libere associazioni. I due ebbero in seguito una relazione, sebbene non sia mai stata ben chiarita questa storia, tendenzialmente tenuta nascosta dalla società psicoanalitica stessa.

Sabina Spielrein studiò medicina e psichiatria a Zurigo, dove si laureerò nel 1911. In seguito si trasferì a Vienna, dove divenne allieva di Freud. Nel 1923, volle rientrare in Russia per dare il suo contributo alla rivoluzione in atto nel suo paese. A Mosca fondò e diresse l’Asilo Bianco, una scuola dell’infanzia in cui venivano applicati i concetti della psicoanalisi, estremamente all’avanguardia per l’epoca. L’idea di base era quella di educare i bambini alla libertà, con l’intento di crescere degli adulti responsabili e liberi. Con l’avvento di Stalin purtroppo il suo lavoro venne ostacolato e alla fine fu costretta a chiudere la scuola. Mori nel 1942 nella sua città natale, per mano dei nazisti che la fucilarono assieme alle due figlie, nella sinagoga di Rostov. Il lavoro di Aldo Carotenuto destò un rinnovato interesse per la sua opera.
Due film, molto diversi, hanno narrato le vicende della singolare storia di Sabina. Entrambi parlano della relazione, clinica e personale, della Spielrein e di Carl Gustav Jung.
Il primo, di Roberto Faenza, “Prendimi l’anima”, uscito nel 2002, narra la storia con interesse filologico e con un taglio profondamente introspettivo: una ricerca intensa e anche poetica sul perturbante. Guarda appunto all’aspetto interiore e travagliato della storia d’amore tra i due, illegittima in tutti i sensi, e vuole sottolineare la forza, la tenacia e il coraggio di Sabina. È particolarmente incentrato sulla figura di Sabina che ne è protagonista a tutti gli effetti. Freud invece non compare, così come non emerge la disputa con Jung, che resta sullo sfondo.
L’altro film, di David Cronenberg a Dangerous Methoddel 2012, si avvale di un cast d’eccezione ed ha avuto una grossa risonanza mediatica internazionale, non so quanto meritata, poiché si ha la sensazione che la pellicola non vada poi molto a fondo, che resti nella superficie delle vicende narrate. Tuttavia, è molto dettagliato nello scandagliare gli aspetti intellettuali e relazionali della vicenda tra Freud e Jung. La Spielrein è sì una protagonista ma fa parte della relazione con Jung e Freud. È, comunque, bene messo in luce l’aspetto della triangolazione dei tre protagonisti: la Spielrein, Jung e Freud.
La recitazione della Keira Knightley, nei panni di Sabina, lascia decisamente un segno; così come lo splendido Vincent Cassel che interpreta l’eccentrico e folle psichiatra, Otto Gross.
Il film pare volto a sostenere l’aspetto di rottura e di innovazione del metodo nascente, aspetto, che Jung vuole portare avanti con idee originali, mentre il patriarca Freud è decisamente allineato su posizioni più chiuse e conservatrici, nonostante la teoria psicosessuale. In questa relazione conflittuale e competitiva tra i due, la Spielrein ebbe un ruolo detonante.
Mi sento tranquillamente di dire che quello di Faenza è un gran bel film, intenso e interrogante, oltre che emotivamente coinvolgente. Il film di Cronenberg, nonostante le ambizioni ed i colti riferimenti alla teoria psicoanalitica, l’ho trovato molto intellettualistico, un po’ freddo e più centrato negli aspetti perversi, dissacratori e di rottura, in perfetto stile Cronenberg.
A chi interessasse l’argomento, consiglierei la visione di entrambi, proprio perché danno una visione complementare della storia.
La questione che solleva questa vicenda umana e professionale di Gustav e Sabina, riguarda la violazione del setting, ossia il rapporto personale tra paziente e terapeuta al di fuori del trattamento. Ovviamente i film non sono interessati a questa lettura tecnica, sebbene nel film di Cronenberg se ne parli ampiamente, ma ci possono dare degli indizi per la comprensione del fenomeno.
Intanto per violarlo, il setting deve esistere. Nel caso di Jung eravamo agli albori del metodo e tutto stava nascendo. Freud al riguardo prese nel tempo le sue misure, ossia il lettino, assenza di contatto fisico, cosa che non avveniva agli inizi, quando usava la tecnica ipnotica.
Grazie anche a questo caso, è ipotizzabile che Freud iniziò a gettare le basi del setting analitico così come lo conosciamo oggi, come iniziò anche a sviluppare il concetto di transfert e controtransfert.
Perché Giuditta uccise Oloferne?
da Prendimi l’anima, di R. Faenza, 2002.

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