Non ho cercato subito l’aiuto dello psicologo perché avevo l’illusione e l’arroganza di credere di potercela fare da sola, poi sicuramente ha influito il pregiudizio e la paura di essere derisa. Purtroppo nella nostra cultura “andare dallo psicologo” è ancora sinonimo di follia o di debolezza. Poi ho capito che guardarsi dentro, farsi aiutare e affrontare le proprie debolezze è sinonimo di coraggio.
da intervista a Micaela Linzalata
Ho già parlato in modo didascalico di alcune delle scuse, dei falsi miti, che ci si racconta per non considerare seriamente l’idea di intraprendere una psicoterapia. Vorrei qui approfondire l’aspetto dello stigma, sia sociale che personale: il giudizio che attribuiamo agli altri e il nostro stesso giudizio rispetto appunto a tale scelta.
Nonostante sia un fatto che sempre più le persone chiedano o abbiano chiesto un aiuto professionale ad un terapeuta, in momenti difficili della loro vita, cercare aiuto da un professionista della salute mentale resta un argomento ancora abbastanza stigmatizzato. Lo è negli Stati Uniti e nei paesi anglosassoni, lo è ancor di più in un paese cattolico e, se vogliamo, arretrato quale è l’Italia.
Piuttosto che rivolgersi ad uno strizzacervelli, le persone ricorrono alle più svariate forme di aiuto: dopo aver stressato amici e familiari, vanno dal prete, dal ginecologo, consultano maghi, cartomanti o fantasiosi coach. E poi, se tutto va bene e non sono stati dissanguati da alcune delle suddette categorie professionali alquanto discutibili, giungono al cospetto un professionista qualificato.
Se è vero che ci sono alcune persone che sono molto fiere di andare in terapia e non hanno alcuna difficoltà a parlarne, anzi lo condividono con piacere; è pur vero però che a tutt’oggi, chi chiede aiuto lo fa con un grande senso di vergogna e di sconfitta. Come se ammettere di avere bisogno sia di per sé umiliante. Ecco, forse nelle culture latine meno che in quelle anglosassoni. Ma resta il tabù della malattia mentale, lo stigma della pazzia.
Una prima cosa da dire, importantissima, è che in qualche modo tutti quanti abbiamo bisogno di terapia. Tutti quanti nella vita possiamo averne bisogno e probabilmente ne abbiamo avuto o ne avremo. Anche i terapeuti, sì. Anzi lo psicoterapeuta per diventare tale è praticamente obbligato a fare un percorso personale di terapia. Il fatto che sia un obbligo, non significa che lo faccia tanto per farlo. Lo fa ed è un paziente a tutti gli effetti. E si rende conto di quanto ne avesse bisogno, di quanto sia un essere umano, con sue fragilità e limiti e di quanto abbia bisogno di aiuto, proprio come tutti quanti. È la condizione umana. Ecco, diciamo che in certi momenti tale aiuto è particolarmente auspicabile, ossia quando la sofferenza raggiunge livelli elevati. E questo capita a tutti nella vita, anche ai terapeuti certificati!
Però la terapia non è l’ultima spiaggia come molti sono portati a credere, può essere un ottimo strumento di crescita e di auto-conoscenza per migliorare la qualità della propria vita, il proprio benessere e la soddisfazione personali.
Una collega americana, al cui articolo mi sono in parte ispirata per scrivere questo post, dice, con notevole senso pragmatico, che la terapia non è un club esclusivo per pazzi ma una palestra per la mente: mi pare un’immagine efficacissima e semplice insieme!
In sostanza, dicendo che la terapia è solo per pazzi è come dire che fare esercizio fisico e ginnastica è solamente raccomandabile alle persone obese. Invece se vuoi stare in forma fisica, devi continuare a fare movimento!
Intraprendere un percorso psicoterapeutico è un viaggio fuori dalla tua zona di conforto. Perché dovresti farlo? Perché uscire dalla zona di conforto è l’unico modo per crescere e per trovare soluzioni inedite a problemi che probabilmente ti stanno assillando da diverso tempo.
Ma c’è un altro aspetto importante: confidare, condividere pensieri, emozioni, esperienze, cose che non avesti il coraggio di rivelare a nessuno, è una sfida e una possibilità in più. Affina il tuo comprendere, la tua capacità di comunicare e di sentire. Aiuta a capirti più a fondo, ti fa rivivere il passato e ti fa riconsiderare le tue esperienze in prospettive diverse. Può aiutare a liberarti dai fantasmi che ti perseguitano.
Riconoscere la propria fragilità è il primo indispensabile passo per una crescita personale e per entrare in contatto con e vincere le proprie paure, fantasmi e ossessioni. Farlo insieme a chi può darti una mano è senza dubbio un privilegio prezioso.