Le “Fiabe Gay” e l’Educazione

miroRiporto volentieri il contributo di Antonio Alberto Semi sul tema della educazione alle differenze e sulla introduzione delle cosiddette “Fiabe Gay” nelle scuole dell’infanzia del Comune di Venezia, a seguito della lodevole iniziativa di Camilla Seibezzi. Tale articolo è assai interessante e ci impone una riflessione non superficiale e non banalizzante, su un tema, molto delicato e complesso.

TRA DIFFERENZE E PSICHE DEI BAMBINI
Le “Fiabe Gay” e l’educazione
di ANTONIO ALBERTO SEMI.
Corriere del Veneto del 13.02.2014 

Seguo il dibattito sorto a seguito dell’iniziativa di Camilla Seibezzi – delegata del sindaco di Venezia alle politiche anti-discriminazioni – di acquistare e distribuire negli asili e nelle scuole libri per l’infanzia dai contenuti apparentemente tolleranti, liberali, illustrativi delle nuove (o supposte tali) aggregazioni familiari.
Temo il precipitare del dibattito (che i giornali hanno sintetizzato parlando di «fiabe gay») verso forme ideologiche e mi sembra che non si tenga conto della realtà del pensiero infantile e del peso dell’educazione.
Che, se si desse per buona l’affermazione di Seibezzi nell’intervista del 9 febbraio al Corriere del Veneto, sarebbe un peso nullo: tutta l’educazione familiare non ha inciso per nulla nel costituirsi della sua identità psicosessuale e di genere. «Si nasce omosessuale, come si nasce biondi o mori». Il problema dell’educazione, allora, sarebbe solo quello di fare conoscere ai piccoli e far loro tollerare (nel senso migliore del termine) delle differenze innate. Credo che cent’anni di psicoanalisi ci abbiano insegnato che la realtà psichica è qualcosa di molto più complesso e dinamico (e che l’innatismo è pericoloso). E penso anche che mettere assieme differenze etniche, religiose, biologiche e psicosessuali rischi di confondere il problema anziché chiarirlo. Le scuole potranno anche fare un calderone unico ma che ne faranno i bambini, i quali non sono recettori passivi ma persone che cercano anche nella realtà risposte ad interrogativi continui che si pongono autonomamente? Pensate al successo delle fiabe classiche, che sono autentici cataloghi dell’orrore: madri cattive (matrigne) che avvelenano le invidiatissime figlie, genitori che abbandonano tutti i figli nel bosco, padri assassini (orchi) che ingrassano i figli per poterseli mangiare, ce n’è per tutti i gusti. Sennonché piacciono moltissimo e mi auguro che vengano ancora raccontate perché consentono ai bambini di condividere con gli adulti paure altrimenti inesprimibili e di imparare (eh, l’educazione conta!) dagli adulti come si fa a tollerare questi pensieri atroci senza negarli ma anche senza lasciarsi sopraffare da essi.

Avranno, i nuovi libretti distribuiti, la stessa funzione? Riusciranno a rappresentare in forma simbolica i problemi affettivi e cognitivi che i bambini comunque debbono affrontare? Quello delle differenze è, ad esempio, un problema tipico e difficile: la differenza tra bambino e adulto e quella tra maschio e femmina sono differenze percepibili, viste, ma danno luogo a pensieri e a conflitti non solo complessi ma costitutivi dell’essere umano. E per di più in larga parte inconsci. Aiuteranno, i libretti in questione, a mettere a fuoco questi problemi o invece spingeranno a rimuoverli o, peggio, a considerarli immodificabili? Bisognerebbe chiederlo ai bambini… purchè si pensi, però, che c’è differenza e differenza e che, semmai, compito della scuola è proprio quello di differenziare le differenze, di affinare l’uso della ragione. Il compito degli adulti insegnanti è qui fondamentale e dunque non resta che sperare che sappiano usare anche questi libretti quando e come serve, non per fare prediche inutili. Mi sembra una speranza realistica.

ANTONIO ALBERTO SEMI 
Membro ordinario e con funzioni di training della S.P.I., vive e lavora a Venezia. Oltre ad aver ideato e curato il Trattato di Psicoanalisi (Milano, 1988 e 1989) e curato le Opere scelte di S. Freud  (Torino, 1999) ha scritto numerosi libri, soprattutto sulla tecnica e sul metodo psicoanalitico, tendendo a sviluppare le linee di ricerca freudiane, come testimoniano il suo Introduzione alla metapsicologia (2001) e La coscienza in psicoanalisi (2003). Il suo ultimo libro, Il metodo delle libere associazioni (2011) sviluppa il metodo psicoanalitico freudiano consentendone la differenziazione da altri metodi psicoanalitici. 

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