La terapia di gruppo

Parliamo di terapia di gruppo

gruppostilSempre più spesso le persone ricorrono a questo straordinario dispositivo di cura che è il gruppo.
Il gruppo ha infinite possibilità di applicazione per il benessere, la crescita e la cura personali. Esso inoltre è utilizzato dagli stessi tecnici della cura in maniere molto diversificate e presenta diverse possibilità di approccio.

Cerchiamo di fare un po’ di ordine in questa selva di offerte, dal momento che non sempre la conoscenza di queste è così scontata o di facile comprensione.

Tra le psicoterapie classiche di gruppo troviamo la psicoterapia di gruppo ad orientamento analitico, essa è uno strumento terapeutico di straordinaria efficacia, essendo adatta alla grande maggioranza delle strutture di personalità e delle psicopatologie, ed essendo volta alla crescita emotiva, relazionale e alla ristrutturazione della personalità. Può essere una buona alternativa alla terapia individuale di lunga durata con il vantaggio di essere più economica. È particolarmente adatta per problemi di ansia e depressivi, insicurezza e bassa autostima, eccessiva timidezza, insoddisfazione nella vita sociale, amorosa, professionale o scolastica.

Altri approcci sono più orientati a risolvere situazioni contingenti o problematiche comuni, come affrontare un lutto, un sintomo (ad esempio fobie, attacchi di panico) una malattia fisica o una condizione psicofisica più generalizzata (come anoressia, bulimia, dipendenza da sostanze). Questi gruppi sono detti gruppi omogenei e si caratterizzano per essere rivolti ad obiettivi specifici, senza per questo perdere di vista la complessità dell’individuo, la sua storia e dunque andare a toccare nodi più profondi e agire oltre la superficie. Tanto maggiore la durata e la frequenza del gruppo, tanto più profondo e duraturo sarà il suo effetto.

Ricordo poi tutta la gamma dei gruppi di auto-aiuto o i gruppi con scopi più propriamente sociali e i gruppi comunitari, ove la relazione e la socializzazione sono gli aspetti principalmente utilizzati per risolvere questioni pratiche o problemi specifici; non approfondirò l’argomento, che è importante ma che trascende il tema che sto trattando.

Simili ai gruppi omogenei, sono i gruppi per familiari, o genitori, di ragazzi con problemi specifici (handicap, malattia fisica, problemi alimentari o tossicodipendenze). In Italia il servizio pubblico mette (nelle realtà più felici) a diposizione dei genitori tali strumenti, che li aiutino ad affrontare situazioni problematiche dolorose e spesso molto angosciose. L’idea di base è che, condividendo con altri le loro difficoltà, le persone possano sentirsi meno sole e più rafforzate nell’affrontare carichi di angoscia e sentimenti di dolore e di impotenza, altrimenti soverchianti. Inoltre il gruppo è una fonte di ispirazione e un aiuto per trovare nuove soluzioni e avere nuovi sguardi su situazioni difficili e su problemi vissuti come irrisolvibili. Insomma, il gruppo stimola la creatività: chiunque abbia sperimentato anche un gruppo di lavoro affiatato, non può che condividere tale affermazione. Attenzione: non si tratta di una passeggiata! Il gruppo può essere fonte di ispirazione, anche grazie agli innumerevoli e inevitabili conflitti che in esso sorgono! Il gruppo è luogo del confitto oltre che della condivisione; mediare o superare i conflitti è un lavoro che, pur essendo proficuo, implica sforzo e fatica.

Per tornare ai nostri gruppi terapeutici, vorrei ricordare che la terapia familiare è una declinazione molto particolare, efficace e tecnicamente molto raffinata, per affrontare, sbloccare e spesso risolvere alcune questioni dolorose e conflittualità croniche, incistate in seno alla famiglia o nella coppia stessa. Tale tecnica offre la possibilità di uno spazio dove la famiglia può chiarirsi e orientarsi rispetto alle questioni di ordine pratico e contemporaneamente riorganizzare e sbloccare le difficoltà di comunicazione. La terapia familiare non è volta a mediare i conflitti tra i membri della famiglia ma ad aiutarli a ripensare alle loro relazioni e come queste possano generare conflitti, tensioni e insoddisfazione.

Ma i gruppi terapeutici non sono solo quelli strettamente verbali, abbiamo anche i vari tipi di psicodramma, come lo psicodramma classico moreniano, lo psicodramma psicoanalitico (di matrice Lacaniana) e infine lo psicodramma junghiano. Non mi soffermerò sulle varie differenze che animano tali approcci ma dirò semplicemente che tali tecniche, che possono dirsi a tutti gli effetti terapie di gruppo, utilizzano, oltre che la parola, anche la drammatizzazione, la scena e il corpo come strumento di lavoro, linguaggio comunicativo e trasformativo. Nell’approccio di Moreno, l’inventore dello psicodramma, maggiore enfasi è data alla spontaneità e alla creatività, in quello junghiano è utilizzato il potere trasformativo del simbolo, infine quello psicoanalitico lacaniano è maggiormente simile alla terapia verbale, solamente è utilizzata la scena drammatica per dare corpo alle dinamiche interne. Si tratta di strumenti dalle potenzialità trasformative molto forti.

Infine, non posso non fare un riferimento ad un classico argomento di noi “gruppisti”, ossia i fattori terapeutici del gruppo che Irvin D. Yalom (1970), brillante scrittore, ma anche uno tra i pionieri della psicoanalisi applicata in gruppo, pose come trasversali e onnipresenti in qualsiasi tipo di gruppo. Alcuni di questi fattori sono: la Coesione, che è la forza attrattiva di un gruppo sui suoi componenti; il Rispecchiamento: è il fenomeno per cui ciascun componente del gruppo vede se stesso nelle interazioni degli altri, in un continuo esperire di somiglianze e differenze. L’Universalità smentisce le sensazioni sgradevoli e pessimistiche sulla unicità dei problemi del paziente. La Risonanza è tendenza del soggetto a percepire nel discorso dell’altro, quanto lo riguarda a livello inconscio. La Speranza deriva dall’osservazione di reali miglioramenti o cambiamenti di altri partecipanti al gruppo e infine l’Altruismo, che nasce dalla consapevolezza di essere d’aiuto e di poterlo ricevere, con conseguente aumento della stima e dell’autostima.

Concluderei riportando una frase che spesso mi è capitato di udire: “Non farei mai una terapia di gruppo perché non me la sento di raccontare i miei problemi di fronte ad altri”. Vorrei semplicemente suggerire ai molti che la pensano, e a ragione, in questo modo, che proprio grazie all’aiuto di un gruppo di persone di cui ci fidiamo e che non ci fanno sentire a disagio, possiamo apprendere a poterci lasciare andare e ad aprirci, superando inibizioni e ansie sociali: proprio in questi  casi è il gruppo la terapia d’elezione!

Ed ora vorrei presentarvi questo divertente e geniale omaggio alla terapia di gruppo fatta da Carlo Verdone nel film “Ma che colpa abbiamo noi!”. Si tratta di un film che suggerisco di vedere o rivedere, per il suo sguardo disincantato, ironico e nello stesso tempo commosso e pieno di umanità.

Trailer del Film: Ma che Colpa Abbiamo Noi!


Ma che colpa abbiamo noi (2003Vai alla scheda del film

Riferimenti bibliografici e suggerimenti di lettura:

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