Educazione e Rispetto

Alcune riflessioni su educazione al rispetto e all’uguaglianza e stereotipi di genere.

Economia domestica: in Finlandia si impara a scuola.

Qualche tempo fa un reportage de il Corriere.it sui programmi scolastici finlandesi, in cui si raccontava come l’economia domestica si insegni in classe a ragazze e a ragazzi, ebbe un notevole successo, alimentando un  vivace dibattito in rete, soprattutto in merito all’arretratezza dei nostri programmi scolastici al riguardo.
Ora, a mio avviso le notizie, o meglio, le informazioni rilevanti in questo articolo sono in realtà due: che si insegna economia domestica anche ai ragazzi e soprattutto che si insegna, in una materia curricolare a cavarsela da soli e a gestirsi autonomamente nel quotidiano. Non è una questione di serie B o da “femminucce” ma è importante per tutti. Sia ben chiaro, non si insegna alta cucina ma a farsi da mangiare, tenere pulita la casa, stirare etc… E l’autonomia, quella vera, parte anche da qui.
L’autonomia è una costruzione complessa, nei suoi vari aspetti emotivi, psicologici e anche concreti ma non può esistere una vera autonomia psicologica se non c’è anche quella pratica. Dunque, avere gli strumenti per attuarla, non è un fatto secondario. Se poi me lo insegna la scuola, allora è un valore, è importante! Se lo facciamo insieme ragazzi e ragazze, siamo parimenti importanti e autonomi allo stesso modo.

Il risvolto psicologico di questo non è irrilevante, anche ai fini dello sviluppo dell’identità di genere, del reciproco rispetto e della reale effettiva uguaglianza.

Ma c’è chi teme questo, evidentemente. Ruoli ben definiti, tagliati con l’accetta, convalidati da secoli di tradizioni sono, senz’ombra di dubbio, estremamente rassicuranti, facili da assumere e da passare. E molto rassicuranti proprio là dove forse questa identità vacilla. Non credete?

La mamma: stira, lava, cuce?

Come molti e molte di voi, mi sono imbattuta nella foto che circolava su Facebook e che riportava un eserciziario (nella foto qui sotto) ove si vedono mamme che compiono le azioni quotidiane, secondo uno stereotipo ben consolidato e anche superato.

la scheda vintage

Molte mamme si chiedevano se fosse possibile che tale esercizio, dal sapore così antico e vintage, potesse essere ancora in uso. Ebbene pare che sia così, pare che in alcuni casi almeno, si utilizzino gli stessi esercizi da almeno trenta o quarant’anni!

Lo scandalo mio avviso è questo: una scuola, in cui gli insegnanti non sono in grado di aggiornarsi su questi strumenti, da un lato e dall’altro giovani insegnati, forse più aggiornati, che sono disoccupati o precari. Ma questa è certamente un’altra storia. Quello che mi preme sottolineare qui è che pare sia rassicurante che certe visioni culturali passino.

Il gioco del rispetto

cartolina

Riporto infine il terzo esempio che spopolò in rete: il caso della scuola materna di Trieste.
Molti di voi la conosceranno per lo sciame di polemiche che suscitò ma la riassumo brevemente. A Trieste si sta attuando un programma molto interessante di educazione al rispetto e alla diversità. Tale programma comprende giochi ed esperienze educative.

Alcune mamme si sono allarmate per alcuni esercizi di manipolazione ed hanno gridato allo scandalo, parlando addirittura di giochi sessuali. Questo ha sollevato un polverone di polemiche.

Ovviamente le cose erano andate in modo diverso ma qualcuno evidentemente ha cavalcato l’onda e ha gridato allo scandalo, pur di far saltare un programma innovativo e all’avanguardia ma in qualche modo disturbante. Un programma dove anche i papà stirano e le mamme fanno la giornalista o l’astronauta.

Ecco le parole delle autrici del gioco:

L’obiettivo: «Insegnare ai bimbi e alle bimbe che esistono i pompieri, ma anche le pompiere, e non è detto che a casa solo la mamma debba lavare i piatti», sintetizza Benedetta Gargiulo, che ha curato il progetto insieme a Lucia Beltramini (psicologa) e Daniela Paci (insegnante). «Ci hanno accusato di volere rendere i maschi meno maschi, obbligandoli a fare lavori di cui tradizionalmente si occupano le donne e viceversa. Qualcuno ci ha addirittura detto che gli stereotipi di genere ci sono, certo, ed è un bene. Perché ci aiutano a vivere meglio, rendendo tutto più semplice».

un esempio del gioco del rispetto

Possiamo capire meglio di cosa si tratta, andando sul sito de Il gioco del rispetto, che consiglio di visitare, anche perché il materiale didattico è acquistabile.

Il gioco del rispetto” è un progetto che nasce in Friuli Venezia Giulia, nell’ambito delle attività volte alla prevenzione della violenza di genere.

Le discriminazioni tra uomo e donna sono una realtà molto ben radicata nella cultura italiana e come accade quando si lavora per un cambiamento culturale, è necessario partire dall’educazione delle nuove generazioni per scardinare il problema. Diverse scuole hanno iniziato dei percorsi formativi per insegnare agli studenti a rispettarsi fra di loro e rifiutare la violenza, ma la maggior parte di questi interventi avviene nelle scuole primarie, secondarie o superiori, quando cioè gli stereotipi di genere sono già ben radicati nei ragazzi.

Per questo motivo il progetto “Pari o dispari? Il gioco del rispetto” vuole partire dalle scuole dell’infanzia, quando cioè i bambini sono ancora terreno fertile per i concetti di libertà di espressione e di comportamento, al di là degli stereotipi.

I bambini in età prescolare sono molto diversi dagli adolescenti. Essi ragionano in modo molto semplificato e dunque è importante che a quest’età si possa iniziare un lavoro educativo ad ampio respiro.

Anche perché, volenti o nolenti, il mondo è cambiato e per fortuna spesso accade che i papà stirano e cucinano e le mamme rientrano tardi dal lavoro. Pertanto alcune schede sono del tutto fuori tempo perché non corrispondono alla reale esperienza dei bimbi d’oggi!

Ad ogni modo, credo che una seria e incisiva educazione al rispetto, quello vero, parta da queste cose e che si tratti di azioni educative auspicabili per contrastare le ideologie sessiste e, soprattutto, prevenire la violenza di genere.

 

Fonti:

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