Nel luglio scorso un intervento di Roberto Saviano su “L’Espresso” del 6 luglio 2012, “Perché legalizzare la marijuana”,ebbe una certa risonanza: celebrato dagli antiproibizionisti ma per lo più ignorato o sottilmente criticato delle parti più conservatrici del nostro paese.
Egli partì da un recente fatto di cronaca, ossia dalla scoperta e smantellamento da parte delle forze dell’ordine, delle cosiddette “stanze del buco”, che la Camorra aveva predisposto per i consumatori di eroina a Scampia, Napoli. Rimando all’articolo per i dettagli ma ne riporto alcune sue frasi:
“Qualcosa di sbagliato nelle politiche unicamente repressive riguardo alle droghe deve esserci, se in tanti anni non c’è stato miglioramento, ma tanti passi indietro. (…)
Una società, per dirsi sana e poter funzionare, deve prestare attenzione a
tutte le sue parti. Non possono esistere compartimenti stagni. Non voler
affrontare il problema del consumo di droghe, se non come un problema di
repressione, ha ricadute e costi che il nostro Paese non può sostenere: i
tribunali si riempiono di cause e la popolazione carceraria aumenta, mentre le
organizzazioni criminali continuano a guadagnare mercati e quattrini (…)
Quanto ci metteremo a comprendere che questa è davvero un’emergenza?
Legalizzare non significa incentivare, ma sottrarre mercato alle mafie..”
Volevo partire da questa riflessione e da un altro fatto riportato dai media e, a dire il vero, non tanto divulgato nel nostro paese. Ossia che negli stati americani di Colorado e Washington la Marijuana sia stata recentemente legalizzata e vediamone brevemente le
motivazioni. Molto sinteticamente e molto pragmaticamente, i nord americani vedono un parallelismo tra grande depressione degli anni trenta dello scorso secolo, che causò la fine del proibizionismo dell’alcol e grande recessione che ha visto appunto le motivazioni per la legalizzazione della marijuana. Negli anni del proibizionismo dell’alcool il mercato nero era giunto a livelli colossali e totalmente fuori controllo e aveva causato un aumento della criminalità, del caos e della violenza.
Alla fine l’alcool fu legalizzato, sebbene fosse in stridente contrasto con un emendamento della costituzione americana stessa. Ma la situazione era davvero fuori controllo! E in effetti i risultati furono molto positivi, paradossalmente: almeno il mercato era controllato e controllabile.
Non si tratta delle stesse sostanze: eroina, marijuana, alcool, ma il principio che sta dietro all’idea di legalizzare o depenalizzare tali droghe è lo stesso.
Vediamo che cosa’è successo nella nostra Europa in anni recenti.
Andiamo in Portogallo, dove negli anni ’80 e ’90 il consumo massiccio di droghe illecite, aveva causato problemi sanitari, sociali e economici drammatici. Che cosa si pensò di fare per contrastare questa piaga? La parola chiave fu depenalizzazione. Una scelta dettata, a quei tempi, dall’emergenza.
Dal luglio 2001, in Portogallo la legge decriminalizza la detenzione di tutte le sostanze stupefacenti per uso personale. Ciò ha portato alla riduzione della pena massima per la detenzione di piccoli quantitativi di stupefacenti da tre mesi di carcere a una sanzione amministrativa comminata dalle nuove «commissioni per la dissuasione dall’abuso di droga», che hanno privilegiato le soluzioni a tutela della salute rispetto alle sanzioni punitive.
Inquadrando storicamente il fenomeno, negli anni successivi alla caduta del regime di Salazar in Portogallo il consumo di eroina ebbe una impennata massiccia fino a giungere negli anni novanta ad una vera e propria dimensione epidemica. Con la liberalizzazione improvvisa dei costumi, la società portoghese vide aumentare l’uso di droghe, senza che le persone imparassero a riconoscere la differenza tra uno spinello e un’iniezione di eroina. Alla metà degli anni ’80 c’erano decine di migliaia di eroinomani. Negli anni ’90 la situazione per quanto riguarda le droghe era disastrosa. Si stimava che, in questo piccolo paese d’appena 10 milioni di abitanti, più dell’1% della popolazione fosse dipendente dall’eroina, cioè almeno 100 mila persone.
Il virus dell’Aids e le epatiti si stavano diffondendo a una velocità incontenibile, e i casi di overdose erano numerosi.
All’epoca, ogni famiglia portoghese era, da vicino o da lontano, colpita dal fenomeno.
Secondo le inchieste dell’Unione europea, la droga, nel 1995, era la «prima preoccupazione dei portoghesi», davanti alla disoccupazione o al problema della casa».
Una preoccupazione che oggi è scesa al 13° o 14° posto. Casal Ventoso, un quartiere insalubre di Lisbona, era diventato il principale teatro del consumo e della vendita di eroina e cocaina in Europa, con più di tremila consumatori di droghe.
In questo processo di depenalizzazione, la grande innovazione è stata la creazione di commissioni dette «di dissuasione», poste sotto l’autorità del ministero della Sanità (e non della Giustizia) dove, in caso di arresto, il consumatore deve presentarsi entro 72 ore, se non è in possesso di una quantità superiore a dieci giorni di consumo, qualunque sia la sostanza stupefacente. La commissione, formata da un giurista, da uno psicologo e da un medico, valuta il percorso dell’utilizzatore e il suo livello di consumo. Propone allora una cura sostitutiva, un sostegno psicologico o altre forme di aiuto. Il consumatore non ha l’obbligo di seguire queste indicazioni: deve soltanto evitare di venire di nuovo costretto a presentarsi di fronte alla commissione nell’arco di sei mesi. In caso contrario, sarà punito penalmente e rischia una multa fino a 600 euro.
Il ruolo più significativo della commissione è dunque la prevenzione. La polizia, addestrata specificamente, ferma soprattutto i giovani consumatori. E le commissioni cercano prima di tutto di capire la situazione, se esistono rischi di una dipendenza pesante.
I poliziotti non passano più il loro tempo alla caccia dei consumatori e, fino ad un certo punto, chiudono gli occhi sui piccoli traffici. Nei quartieri dove il traffico e il consumo proliferano, la violenza è diminuita e le forze dell’ordine assolvono anche a una funzione di mediazione tra i consumatori e gli abitanti. Gli sforzi sono così concentrati sui grossi traffici e sulla criminalità organizzata.
Il risultato è positivo, poiché i sequestri di droghe sono in crescita dal 2001, in un Paese che è situato sulla strada della cocaina sud-americana e dell’hashish marocchino verso l’Europa.
In oltre dieci anni, i Portoghesi possono essere fieri dei risultati.
Fermo restando che in Italia esiste una rete di prevenzione e di contrasto alle nuove e vecchie dipendenze ma anche che l’uso di sostanze è ampiamente penalizzato, soprattutto con la Legge Fini-Giovanardi del 2006, è comunque un fatto che i consumi sono aumentati e continuano ad aumentare, soprattutto tra i giovani e giovanissimi. Di questo fenomeno se ne parla troppo poco e di solito quasi esclusivamente tra gli addetti ai lavori.
Sulla base delle esperienze americane e dell’esempio portoghese, nonché riprendendo le parole di Saviano, la mia riflessione è questa: a fronte di mercati illeciti totalmente fuori
controllo e di escalation di violenza e del proliferare della criminalità, non sarebbe il caso di adottare un atteggiamento più pragmatico e meno ideologico, per contrastare il fenomeno delle tossicodipendenze, anche nel nostro paese?
È una riflessione aperta e soprattutto rivolta a colleghi addetti ai lavori, e senza risposte già preconcette o preconfezionate.
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