Ponti Psicodrammatici

Pontes Psicodramaticas: as margens em volta
Ponti Psicodrammatici: i margini attorno

Meravigliosa vista notturna sul Ponte 25 Aprile, con Lisbona sullo sfondo.
Ho partecipato al congresso annuale della Società Portoghese di Psicodramma, tenutosi nel novembre 2014 ad Almada, affacciata sulla sponda meridionale del fiume Tago, proprio di fronte a Lisbona. Il congresso aveva un titolo suggestivo: “Ipocrisia, finzione, gioco”, temi sacri allo psicodramma ma il sottotitolo era ancora più intrigante: Pontes Psicodramaticas: as margens em volta. Ponti Psicodrammatici: i margini attorno. Il tema era, dunque, pressapoco questo: costruire ponti, collegare, lavorare sui margini, sulle marginalità: incontri, scontri, collegamenti.
La locazione, ai piedi del Ponte 25 Aprile, assieme al titolo mi hanno convinta a parteciparvi, piacevolmente suggestionata dalle associazioni che mi evocavano, mi facevano risuonare. È stata un’esperienza davvero bella: arricchente e vivace, molto emozionante. Le ragioni sono tantissime e spero di poterne dare almeno un parziale resoconto e di rendere ragione alla ricchezza dell’evento.
Jacob Levi Moreno
Mi preme però dare alcune informazioni, un piccolo inquadramento, su Psicodramma e Psicodrammi.
Vi sono diverse tecniche che definiamo psicodrammatiche: lo psicodramma lacaniano, quello junghiano, quello di Anzieu che inserirei nella psicoterapia analitica di gruppo e che utilizza lo strumento della drammatizzazione delle questioni psichiche emergenti nei singoli o nel gruppo, all’interno dell’inquadramaneto psiconalitico.
Lo psicodramma di cui parlerò in questa sede è quello originale, puro se vogliamo, ideato e inventato da Jacob Moreno, uno psichiatra che si formò all’Università di Vienna, nei primi anni del secolo ventesimo e che ebbe modo di conoscere Sigmund Freud e fu collega e amico di Alfred Adler.
Si tratta di una tecnica psicoterapica in gruppo, ossia il livello di intervento è individuale ma avviene in ambito gruppale. Non è in nessun modo psicoanalitica, anzi, Moreno la inventò proprio in contrapposizione con lo psichiatra viennese, dicendogli appunto, caro Sigmund io proseguirò là dove tu ti sei fermato. Egli era profondamente convinto dell’importanza del contesto sociale per la cura e la sua era una tecnica attiva. La produzione e la creatività di Moreno sono stati enormi e non potrò soffermarmi su tutte le sue teorizzazioni.
Tra le altre cose, Jacob Moreno inventò il teatro della spontaneità, in cui appunto quello che emergeva era lo spazio dato alla libera espressione, alla spontaneità. La sua tecnica è decisamente gruppale, a cavallo tra teatro e terapia psicologia. Essa è utlizzata non solo in ambito clinico ma anche e soprattutto, come tecnica di attivazione delle potenzialità creative della persona, è dunque diffusa in ambito artistico e anche aziendale.
Famosa, mitica e fondante è una seduta di psicodramma pubblico (egli lavorava sempre in teatro e le sue sessioni erano pubbliche), in cui pose un trono simbolico sulla scena, chiedendo ai partecipanti di sedere sul trono, di impersonare il potere, cercando di rispondere alla domanda: “Chi sopravviverà? Who shall survive?”. Ricordo che siamo all’indomani della grande guerra, siamo a Vienna e Moreno interroga e si interroga sul futuro dell’umanità dopo il grande orrore del conflitto mondiale. Come sopravviveremo a tutto ciò, come potremo restare umani? E io sento questa domanda drammaticamante attuale.
 
Momenti di psicodrammatizzazione.
Tale seduta di psicodramma, se ci pensiamo di una modernità e di una rottura decisamente all’avanguardia, non venne affatto presa bene dall’establishment della capitale imperiale mitteleuropea.
E siamo partiti un po’ da questo momento fondante, abbiamo inscenato in una seduta di questo stessa sessione a cento anni dalla sua prima e in una latitudine geopolitica decisamente diversa. Ma così diversa, poi?
Non diverso fu il terrore che abbiamo respirato, che abbiamo sperimentato nel corpo e nella psiche e condiviso, scongiurato. E forse è proprio questa condivisione che ci salverà; forse ci salverà il restare umani in un modo desertificato di zombi e di automatismi senz’anima, né corpo. Non abbiamo trovato risposte né tanto meno formule, abbiamo condiviso paure, terrori, esperienze e speranze.
E io che ho una formazione decisamente psicoanalitica ho sentito tutta la potenza, la modernità, l’attualità, la sovversione, il messaggio sociale e il progetto messianico di Jacob Moreno.
Sessioni plenarie di lavoro
Si è anche parlato di teatro e di politica in senso molto lato.
Il vero teatro, come afferma Adolfo Gutkin è sempre contro il potere. E lui ne sa ben qualcosa. Argentino, attore teatrale, regista sperimentale all’avanguardia, lavorava a Coimbra negli anni settanta in ambito accademico, fu costretto a lasciare il Portogallo, dopo l’ultimatum della polizia politica (PIDE). Si rifugiò per diversi anni a Cuba. Rientrerà in Portogallo dopo la caduta del regime fascista, negli anni ottanta. Parlando del gioco e della finzione, egli ha sottolineato come la finzione possa essere assolutamente autentica, al contrario la supposta sincerità di chi sostiene di non essere ipocrita sarebbe la forma più bieca di ipocrisia. Non possiamo non comunicare, non possiamo non indossare maschere.
Abbiamo costruito ipotetici ponti tra discipline e tecniche apparentemente distantissime, come l’EMDR e lo Psicodramma. Ho avuto il privilegio di sperimentare sulla mia anima il valore terapeutico e trasformativo della poesia e della musica, del Fado, nello specifico, in una sessione diretta da José Luis Mosquita, che oltre a essere collega e direttore di psicodramma è anche fadista di Coimbra. Così ho sperimentato ancora una volta la preziosa intersezione tra arte e clinica alla quale sempre più credo e trovo sempre più efficace e potente.
Infine abbiamo esplorato punti di vista epistemologici differenti che si incrociano tra scienza, filosofia e religioni, entro un dibattito di una ricchezza davvero singolare.
I confini esistono, ci sono, sono fondanti e sono vitali. I confini non sono muri, necessariamente. Possono essere barriere valicabili, territori da esplorare e possono essere luoghi in cui il conflitto esplode, si manifesta, viene alla luce. Possono esser luoghi di passaggio e di transumanza, di trasformazione e di migrazione. E sono luoghi dove confliggono le culture, luoghi di straordinaria creatività, troppo spesso di inaudita violenza.
Infine, ci sono stati i momenti correlai di gioco, di divertimento, di musica e balli.
Incroci di persone e appartenenze diverse, eravamo colleghi e poi artisti, attori, musicisti, a dialogare e a danzare. Non avrei mai pensato di ritrovarmi tra persone conosciute da poche ore a cantare i canti della liberazione portoghese, il 25 aprile della Rivoluzione dei Garofani, in un clima di gruppo di cui sentivo la forza e l’appartenenza, viva e intensa. Grazie mille, amici e colleghi portoghesi.
Testi consigliati di Jacob Moreno:

Fotografie: Sociedade Portuguesa de Psicodrama
Per Informazioni sullo Psicodramma Moreniano in Italia:  
Studio di Psicodramma di Giovanni Boria.

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