La reazione di stress vista da vicino

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In un articolo precedente abbiamo visto a che cosa ci serve la attivazione in situazione di percolo, che è definita come reazione di stress, in questo articolo daremo una definizione di stress, soprattutto sul piano fisiologico. Insomma, che cosa succede nel nostro corpo?

Definiamo lo stress, in questo contesto, come una risposta fisica e psicologica a  una situazione che viene rilevata come una minaccia fisica, intellettuale,  emozionale o relazionale.

Tale risposta è automatica, regolata fisiologicamente dal rilascio ormonale, e consente all’individuo di attivare le sue risorse fisiche, emotive e cognitive necessarie per affrontare adeguatamente un potenziale o reale pericolo. Deve essere  ben chiaro che la reazione universale di stress è una reazione che ha un valore di sopravvivenza: in una frazione di secondo, il sistema simpatico si attiva così che noi reagiamo in due modi: attaccare o fuggire! Sono in realtà due alternative molto primordiali ma è pur vero che la macchina umana fu creata molto prima dei tempi di internet. I pericoli che ci minacciavano non avevano bisogno di riunioni di strategie ad alto livello di sofisticazione e nemmeno di complesse analisi matematiche ed erano molto immediati: o si agiva rapidamente o si soccombeva! Una volta  spesa l’energia mobilitata per combattere o per fuggire, il corpo dunque passa ad uno stadio di riposo graduale. È importante notare che, quando si dice graduale,  è perché, contrariamente all’azione del sistema simpatico, che è responsabile della attivazione di fronte ad uno stimolo stressante, il sistema parasimpatico, adibito a riportarci ad una situazione di riposo/rilassamento, funziona piuttosto lentamente. E tutto ciò ha una sua logica: se vogliamo sopravvivere è meglio farlo in fretta e prontamente; al contrario se vogliamo riposare, possiamo farlo con tutta la calma, e prenderci  del tempo per recuperare le energie.

 Vediamo dunque nel dettaglio come il nostro organismo è preparato per reagire da tempi immemorabili, ogni volta che percepiamo una situazione di pericolo imminente:

  1. le pupille si dilatano per permetterci una visione ottimale, anche al buio e in generale i nostri sensi diventano più accurati e sensibili;
  2. il sistema cardiovascolare si attiva: il cuore pompa fino a 22,5 litri di sangue al minuto, garantendo che i nostri muscoli abbiano una sufficiente irrorazione per agire prontamente; le arterie si restringono per aumentare la pressione  del sistema e le vene si dilatano per favorire il ritorno del sangue al cuore;
  3. il sistema respiratorio coopera col vascolare, dilatando i polmoni, gola e vie aeree superiori, per far entrare una maggior quantità d’aria e per ossigenare il sangue così che questo fornisca il necessario apporto di energia ai muscoli. Inoltre una maggior capacità respiratoria ci permette di gridare più forte. Utile per chiamare aiuto!
  4. Si attiva una maggiore metabolizzazione delle cellule grasse e del glucosio nel fegato, per produrre energia immediatamente disponibile.
  5. I vasi che portano il sangue al sistema digestivo e ai reni si contraggono, per risparmiare il sangue nei sistemi che non sono immediatamente necessari. Le conseguenze di ciò sono varie  sgradevoli, per lo più: la saliva si riduce causando la caratteristica secchezza delle fauci; la digestione si ferma o rallenta considerevolmente; la vescica e l’intestino si preparano a liberare i loro contenuti, così da renderci più pesanti e non dover consumare energia in questi processi digestivi e anche per farci emanare un odore forte e sgradevole che distragga i potenziali inseguitori e ci renda meno appetibili.
  6. I vasi che irrorano la pelle e i distretti periferici si riducono per prevenire perdite di sangue nel caso di ferite (da ciò l’aspetto pallido!);
  7. i pori della pelle si aprono per fare in modo che il sudore possa irrorare la pelle e funzioni da refrigerate di un sistema surriscaldato. Ecco quindi la sensazione appiccicaticcia delle mani sudate, ad esempio.
  8. Vengono liberate endorfine, che sono gli analgesici naturali, che il nostro organismo attiva per non distrarci e disturbarci con i dolori che potrebbero derivarci nel corso dell’attacco o della fuga e permetterci dunque di rimanere concentrati e garantirci, in tal modo, la sopravvivenza.
  9. Infine si ricorda che l’uomo primitivo  correva o lottava nonostante si trovasse in una situazione  in cui le probabilità  di farcela erano bassissime, dal momento che tutte le capacità di ragionamento superiori si assopiscono: è un momento di azione e non di considerazioni filosofiche! In queste condizioni siamo più preparati per selezionare ciò che è negativo; potremmo dire che è un problema di filtri: cogliamo ciò che è una potenziale minaccia e lasciamo temporaneamente fuori dalla nostra percezione gli aspetti positivi, gradevoli e rilassanti. Se stai scappando da un orso, non ha molto senso che ti soffermi sui colori della primavera o sui suoi deliziosi profumi ma di certo è importante che tu colga i segnali che indichino l’arrivo di altro predatore.

I sistemi simpatico e parasimpatico funzionano congiuntamente, un po’ come le due braccia di una stessa bilancia: nessuno dei due è del tutto disattivato in un certo momento  ma se uno si attiva, l’altro diminuisce la sua attività. Per questo è un’ottima idea attivare il sistema parasimpatico quando vi sia la sintomatologia caratteristica della attivazione del sistema simpatico. Ciò  può essere fatto con quella che si chiama risposta di rilassamento, che si ottiene attraverso diverse attività. Sinteticamente possiamo  denominare tali attività in questo modo:

  1. Rilassamento somatico profondo.
  2. Meditazione o “Mindfulness”.
  3. Visualizzazione.
  4. Ipnosi o autoipnosi.
  5. Attività fisica e sportiva.
  6. Gratificazioni e piacere.

Ma ora ci interessa focalizzarci sulla risposta che geneticamente abbiamo ereditato per affrontare le minacce. Riassumiamo nella tabella qua sotto ciò che succede nel nostro organismo a seconda che sia in una situazione di stress e allerta (sistema simpatico) o di riposo (parasimpatico).

In altre parole: quando il nostro cervello interpreta una situazione come pericolosa per la nostra sopravvivenza, mobilita tutto il meccanismo di attivazione energetica che chiameremo meccanismo ansioso e che ci permette di massimizzare le probabilità di sopravvivenza. Nessuna di tali reazioni fisiologiche è particolarmente gradevole, ma comunque, non è quello l’obiettivo!

I neurotrasmettitori e gli ormoni  coinvolti nella reazione di stress.

ADRENALINA.  È un po’ la prima linea di difesa del corpo di fronte a minacce e attiva una riposta immediata e veloce dell’organismo. È un neurotrasmettitore.

Prepara l’organismo per grandi sforzi fisici, stimola il cuore, aumenta la pressione arteriosa, rilassa la muscolatura liscia e contrae quella striata. È un po’ la prima linea di difesa del corpo di fronte a minacce e attiva una riposta immediata e veloce dell’organismo.

Quando presente nella circolazione sanguigna, a fronte di una minaccia rilevata,  l’adrenalina aumenta la frequenza e la potenza cardiaca, aumenta il livello di glucosio nel sangue (iperglicemia), diminuisce il flusso sanguigno nello stomaco e intestino, mentre aumenta il flusso nei muscoli volontari, nelle gambe e braccia e fa in modo che vengano bruciate le riserve di grasso presenti nelle cellule adipose. Tutto ciò ha la funzione di predisporre il corpo all’azione !

CORTISOLO. È un ormone corticosteroide che viene prodotto dalla midollare del surrene ed è coinvolto nella risposta allo stress. Fa in modo che sia aumentata la pressione arteriosa e il livello di glucosio nel sangue, oltre che inibire il sistema immunitario. Il cortisolo ha sostanzialmente la funzione di prelevare risorse e energie dai vari sistemi dell’organismo e di mobilitarli in funzione della riposta di stress. In generale è più lento ad attivarsi e a disattivarsi se confrontato con l’adrenalina.

Il livello di cortisolo presente nel sangue subisce variazioni nelle varie fasi del giorno (ritmo circadiano) e presenta livelli più alti di mattina mentre i più bassi di notte, diverse ore dopo l’addormentamento.

Come conseguenza dello stress e della tensione croniche, abbiamo un aumento cronico del livello di cortisolo nel sangue che alla lunga provoca: perdita muscolare; diminuzione della formazione ossea; iperglicemia (in quanto tale ormone è antagonista fisiologico della insulina) dal momento che vengono costantemente mobilizzate le riserve energetiche dell’organismo; sopprime  le riposte infiammatorie e immunitarie e aumenta la pressione arteriosa. Oltre a tutto ciò, l’esposizione a lungo termine al Cortisolo porta a un danneggiamento delle cellule dell’ippocampo che può portare alla diminuzione della capacità d’apprendere. Comunque, l’esposizione a breve termine al Cortisolo implementa la capacità di memorizzare.

NORADARENALINA.  Anch’essa un neurotrasmettitore, le sue principali funzioni nel sistema cardiovascolare sono correlate all’aumento del flusso di calcio dentro la cellula e il mantenimento della pressione sanguigna a livelli normali, attraverso la vasocostrizione periferica e la tachicardia.

Quando il pericolo non c’è più

La situazione si complica, o meglio comincia ad essere oggetto d’attenzione clinica, quando si verifica  una delle seguenti situazioni:

  1. reagiamo a qualcosa che non è un pericolo, ossia c’è una interpretazione errata della sintomatologia ansiosa, attribuendo l’origine dei sintomi a un fenomeno fisico che ci può mettere a rischio (a rischio di vita, di impazzire, o forte riprovazione sociale). Non possiamo non notare l’ironia della situazione: la persona pensa che un meccanismo che dovrebbe garantire la sua sopravvivenza è qualcosa di terribilmente pericoloso che può minacciare invece la sua sopravvivenza.  Ironico e un tantino perverso ma: è  questa lettura sbagliata alla base del disturbo da panico!
  2. dopo aver reagito a un pericolo, continuiamo a stare con la spia  dell’allarme accesa. Così, invece di un fenomeno puntuale, acuto e reattivo ad una situazione stressante (visto che si suppone che non incontriamo tutti i giorni un orso), l’attivazione del sistema simpatico diventa una ostante e non cessa quando dovrebbe, causando uno stato di ipervigilanza e allerta permanente, questo è il caso ad esempio del disturbo da ansia generalizzata.
  3. un terzo caso, se vogliamo assimilabile al primo è quando una situazione apparentemente neutra viene letta inconsapevolmente dalla persona come fonte di pericolo. Questo per la valenza simbolica o associativa che la situazione ha per la persona stessa. In genere non è un processo cosciente ed è coinvolto dello stress postraumatico e  anche nei quadri fobici.

In ciascuna  delle situazioni sopracitate, leggiamo un pericolo dove esso di fatto non esiste o non esiste più. Può essere esistito in passato ma non è più valido attualmente, può essere una reazione naturale del nostro organismo e che interpretiamo in forma distorta (come nel caso del panico e del disturbo ossessivo compulsivo) oppure può aver origine nell’ambiente a cui attribuiamo caratteristiche e valore di pericolo realisticamente non esistenti (es. agorafobia).

Ma in ogni livello di ansia disfunzionale, siamo di fronte a una reazione che fu programmata per essere adattiva e con un grande valore per la sopravvivenza dell’individuo e della specie e che ad un certo punto risultò non più adatta alle circostanze, con grave compromissione del nostro benessere.

Un modo per riportare alla funzionalità questo sistema è dato dall’allenamento e dall’addestramento che deve essere sistematico e costante, a porci in una lettura corretta di ciò che avviene nel nostro organismo.

Proporremo in futuro alcuni esercizi di rilassamento

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